CORONAVIRUS: TROPPI ITALIANI LASCIATI SOLI E SENZA SOSTEGNI

Molti sostegni, soprattutto annunciati. Tante iniziative, spesso in ritardo. E’ il quadro degli interventi in favore di chi, in emergenza da coronavirus, si ritrova costretto a patire le conseguenze di provvedimenti di restrizione ed impossibilità di portare avanti le attività quotidiane. In questo quadro c’è però un rischio: lasciare indietro qualcuno, anzi tanti, forse troppi. Gli esempi sono tantissimi. I piccoli negozianti, quelli che con 600 euro pagano nemmeno le spese di rimanere chiusi, non hanno grandi capitali, né attività con bilanci d’oro. Vivono del loro lavoro, mettono insieme in un mese quanto necessita alla famiglia, magari neppure sempre. Quasi due mesi di chiusura, con la prospettiva di una riapertura solo parziale, li hanno messi in ginocchio. Non stupirebbe nessuno se qualcuno non ce la facesse a rialzare la saracinesca, anche perché le tenaglie di tasse e tributi sono già pronte a scattare, con buona pace di virologi e politici improbabili. L’elenco potrebbe proseguire. Sanno, i nostri politici, quanti studenti sono impossibilitati a frequentare laboratori e tirocini, con conseguente slittamento dei tempi di ultimazione degli studi, e sanno che le loro famiglie sono comunque costrette a sostenere spese di alloggio, perché non sapendo quando si potrà rientrare non si può lasciare la sistemazione nel luogo di frequenza? Che diciamo a queste famiglie, che il divieto di frequenza rimane, ma loro devono comunque continuare a sostenere le spese? Magari sono le stesse famiglie dei piccoli negozianti ormai alla canna del gas? L’emergenza sanitaria ha indubbiamente la priorità, ma una parolina a chi, non potendo uscire da casa e non avendo il beneficio del telelavoro, ha difficoltà quotidiane, senza il supporto del contributo alle partite IVA, perché si tratta di chi ogni giorno “si arrangia”? L’Italia non è solo terra di dipendenti pubblici, anzi. Una visuale più ampia aiuterebbe l’intero sistema nazionale, soprattutto perché lasciare qualcuno indietro sarebbe l’errore più grave per la classe politica. Un errore destinato ad incidere su intere generazioni. 

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